Partigiani, Carlo Orlandini

Il giorno in cui cadde Mussolini

avevo 16 anni.

Come tutti gli italiani

avevo fatto tutta la trafila

Figli della Lupa dai sei agli otto anni

Balilla dagli otto agli undici anni

Avanguardisti dagli 11 ai 14 anni

Ero ormai un Giovane Fascista

già da qualche anno

ero passato dal moschetto di legno

a quello vero.

Tra gli impegni previsti per noi

c’erano lunghi campi estivi

come quello che stavo facendo a Bardolino.

A me non pesavano quei rituali

della vita militare

dall’alzabandiera alle marce

ed alla pulizia delle armi.

Alla notizia dell’arresto del Duce

il comandante aveva disposto dei turni di guardia

temeva attacchi dei socialisti…

Il mattino dopo nessuno ci chiamò per l’alzabandiera

il comandante era scappato

così come il vice.

Alcuni ragazzi decisero di tornare a casa

io con altri decisi di restare

in fondo avevamo i viveri

e il materiale militare.

Una sera arrivarono alcuni tedeschi

della divisione SS Hermann Göring

che avevano appena incendiato

e raso al suolo

il ghetto di Varsavia.

Una sera ci raccontarono tutto

non tralasciarono alcun particolare

come il tiro al bersaglio

ad alcuni ebrei che si buttavano da una finestra.

In quel momento ho capito

chi era il nemico da combattere.

L’8 settembre ero a Verona

dopo aver ascoltato

il proclama di Badoglio alla radio

decisi che dovevo raggiungere gli Alleati.

Lasciai una lettera a mia madre

e poi salii su un treno senza sapere

dove mi avrebbe portato.

Arrivato a Chieti mi rifugiai in seminario

il giorno seguente partii a piedi per il sud

dopo aver camminato a lungo

incontrai un tedesco

dietro una mitragliatrice.

Gli dissi

“Entschuldigung mamma malata Guglionesi”

Guglionesi era il paese di fronte.

Lui rispose

“Tutti italiani mamma malata”

Mi sentii un cretino e ritornai sui miei passi.

Il giorno dopo fui più fortunato

superai la linea del fronte

senza neanche accorgermene.

Diventai parte del 2° reggimento SAS

il corpo speciale inglese dei “berretti rossi”

specializzato in azioni dietro le linee nemiche.

Restai con loro finché la malaria

mi fece diventare un intralcio.

Il 25 aprile ero a Verona

nella Brigata Pasubio

durante un’azione

mi trovai tra tedeschi ed alleati.

Mi riparai in una canaletta piena d’acqua

mi videro due ufficiali tedeschi in bici

e uno di loro mi puntò contro la pistola

dissi loro di ripararsi

perché gli americani erano vicini.

Quello con la pistola non ci credeva

perché radio Berlino aveva detto

che gli Alleati erano a 500 chilometri

Arrivò una raffica di mitraglia

che lo buttò giù.

L’altro scappò

senza più pensare a me.

Questa poesia fa parte di una raccolta che ho scritto qualche anno fa per raccontare le storie di tanti partigiani. La formula scelta per rappresentarli è quella del verso libero sul modello dello Spoon River. Il libro lo trovate in vendita qui.

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