La prima sconfitta degli Azzurri

La prima partita della nazionale italiana risale al 15 maggio 1910. Si gioca a Milano, all’Arena Civica, un impianto polisportivo nato come anfiteatro (era stato inaugurato nel 1807 con una grande naumachia, ovvero uno spettacolo rappresentante una battaglia navale alla presenza di Napoleone).

Gli undici a scendere in campo sono De Simoni, Varisco, Calì, Treré, Fossati, Capello, Debernardi, Rizzi, Cevenini, Lana, Boiocchi. Sono in camicia bianca con colletto e polsini inamidati. Sopra il taschino è cucito un rettangolo tricolore. Pantaloncini a discrezione dei calciatori (sei ce li hanno bianchi e 5 neri).

A selezionare i giocatori per la nazionale sono stati una commissione di arbitri, tutti ex-calciatori, formata da Umberto Meazza – che viene anche designato come CT –, Agostino Recalcati, Giannino Camperio, Alberto Crivelli e Giuseppe Gama. Non ci sono i migliori giocatori della Pro Vercelli, la squadra più forte di quegli anni, perché sono stati tutti squalificati fino alla fine dell’anno perché il loro presidente non li ha fatti scendere in campo, nello spareggio per il titolo, contro l’Inter. La commissione ha diviso i 22 selezionati in due formazioni che si sono affrontate in due gare. Visto il risultato delle due partite, doppia vittoria della squadra dei “probabili” contro quella dei “possibili”, la scelta degli undici è scontata.

Italia-Francia 6 a 2

Si gioca al pomeriggio e sugli spalti ci sono circa 4.000 spettatori. La nazionale francese è reduce da due sconfitte interne contro Belgio (0-4) e Inghilterra (0-10). Non rappresentano certo un grosso ostacolo anche perché sono arrivati a Milano dopo un viaggio notturno di 10 ore in treno. Ad arbitrare la partita è stato chiamato l’inglese Henry Goodley. Lavora come perito tessile a Torino, ed è l’allenatore della Juventus dopo aver giocato per qualche anno in squadrette di secondo piano del Nottinghamshire – come i Basford Wanderers e il Notts Rangers.

La prima rete della Nazionale arriva al 13’ e la segna Pietro Lana con un tiro da una trentina di metri. Raddoppio al 20′ con una sassata da fuori area di Virgilio Fossati – morirà il 29 giugno 1916 mentre combatte a Monfalcone con l’8º Reggimento di Fanteria della Brigata Cuneo.

Nella ripresa la vittoria si fa più larga per un complessivo 6 a 2. Verso le sei di sera arriva il triplice fischio finale.

Il cappotto ungherese

Come capita spesso in Italia, la vittoria fa perdere la testa un po’ a tutti. Si pensa di essere in grado di affrontare tutti, e quindi si decide di accettare l’invito della federazione ungherese per disputare un incontro contro la nazionale magiara, a Budapest, il 26 maggio.

Non ci sono soldi, per cui si arriva ad acquistare solamente biglietti ferroviari di terza classe. La squadra arriverà a Budapest direttamente il giorno della partita, dopo una giornata e una nottata passata su panche di legno. Ci si arrangia pure con il cibo. Uno dei giocatori, Attilio Trerè, ha un amico salumiere. Dopo aver mercanteggiato con l’amico, con i soldi a disposizione riesce riempire una valigia di salumi e formaggi. Per evitare che qualche malintenzionato sottragga ai lui ed ai compagni questo ben di dio, si distende sopra il suo tesoro.

Quando scendono in campo nel pomeriggio del 26, i giocatori italiani sono sfiniti e pure mezzo addormentati. Il campo è scivoloso perché in Ungheria piove da giorni. Uno dei giocatori, Fossati, scivola in continuazione perché è costretto a giocare con le scarpe da passaggio (qualche ladro, durante il viaggio, gli ha sottratto le scarpe da calcio). La partita finisce sei a uno per i magiari. L’unico evento degno di nota è il debutto di un difensore sedicenne che farà molta strada. Si chiama Renzo De Vecchi e sarà conosciuto anche con il soprannome di “figlio di Dio” per la sua classe. Nel giro di 15 anni (e con la guerra di mezzo), disputerà la bellezza di 43 partite in Nazionale.

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