La posizione della Chiesa sul debito

Questo è un capitolo del primo libro che ho scritto (correva l’anno 1998). Mi aveva colpito molto la presenza nelle Sacre Scritture di posizioni che molti potrebbero considerare di estrema sinistra. Alla faccia di molti credenti.

La Bibbia

La Chiesa ritiene “sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, (…) hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa”. E’ necessario dunque (…) che la stessa religione cristiana sia nutrita e regolata dalla “Sacra Scrittura” (Costituzione dogmatica su “La Divina Rivelazione”, in Tutti i documenti del Concilio, Editrice Massimo, Milano 1983, pp. 86-87).

Qual è la Parola di Dio sul debito?
Levitico 25, 35-36: Quando un tuo fratello si fosse indebitato con te e non avesse i mezzi da pagarti, cerca di aiutarlo, ospite o inquilino che sia, in modo che possa vivere presso di te. Non pretendere da lui interesse in denaro o lavoro, ma temi il tuo Dio, e lascia vivere il tuo fratello presso di te.

Deuteronomio 15, 1-2 e 7-8: Alla fine di ogni settimo anno farai la remissione. Ogni creditore rimetta ciò che avrà prestato al suo prossimo; non lo riscuota più dal suo prossimo, né dal suo fratello, quando sia proclamato l’anno della remissione in onor del Signore.

Quando ci sarà in mezzo a te qualcuno dei tuoi fratelli che sia bisognoso, in mezzo alle tue città, nella terra che il Signore, Iddio tuo, ti dà, non indurire il tuo cuore, non serrare la mano in faccia al tuo fratello bisognoso, ma aprigli volentieri la mano e prestagli quanto gli basta per le necessità nelle quali si trova.

Amos 8, 4-10: State a sentire questo, voi che opprimete il povero e vorreste far sparire i poveri dalla terra. Voi dite: Quando sarà trascorso il novilunio, per poter vendere il grano, e il sabato, per aprire i magazzini del frumento? Diminuiremo la misura e accresceremo il siclo, falseremo le bilance per frodare: acquisteremo il misero col denaro e il povero per un paio di sandali; venderemo perfino le vagliature del grano.

Il Signore lo giura per l’orgoglio di Giacobbe: Ricorderò per sempre ognuna delle loro azioni. Non è forse a motivo di tali cose che tremerà la terra e saranno in duolo tutti i suoi abitanti? Che si solleverà tutta quanta, come il Nilo, e gonfierà o diminuirà come il fiume d’Egitto?

Or in quel giorno, dice il Signore Dio, farò tramontare il sole a metà del suo corso e in pieno meriggio avvolgerò la terra di tenebre. Cambierò in lutto le vostre solennità, e in lamentazioni tutti i vostri cantici; metterò il sacco su tutti i vostri dorsi, e passerò il rasoio su tutte le vostre teste, farò il vostro duolo pari al lutto per la morte dell’unigenito, e sarà per sempre giorno di amarezza.

Giacomo 5, 1-5: Ed ora a voi o ricchi! Piangete, gemete per i guai che cadranno sopra di voi. Le vostre ricchezze si son putrefatte e le vostre vesti son rose dalle tarme.

L’oro vostro e il vostro argento si sono arrugginiti, e la ruggine loro si alzerà a testimone contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete ammassato tesori negli ultimi giorni! Ecco! La mercede di quegli operai, che hanno mietuto i vostri campi e che avete loro frodato, grida, e il grido dei mietitori è giunto fino agli orecchi del Signore degli eserciti. Voi siete vissuti sopra la terra in mezzo ai piaceri e alle delizie
e avete saziato i vostri cuori nel giorno del massacro.

Ecco qualche altro passo: Neemia 5, 1-12; Proverbi 22, 22-23; Ezechiele 45, 9-12; Matteo 25, 31-46; Luca 6, 32-36; 12, 13-21 e 16,19-31; I Giovanni 3, 17.


Una chiamata

Il vangelo è esigente. Noi siamo sempre bisognosi di conversione, di un cambiamento del cuore. Noi siamo benedetti con abbondanza e, come ci assicura san Paolo, destinati alla gloria; eppure è anche vero che siamo peccatori; che, rispetto alle nostre straordinarie possibilità, siamo inadeguati; che siamo diffidenti nei
confronti della vita, ingabbiati dalle nostre paure e dalla nostra vuota routine. Siamo soprattutto incapaci di affidarci completamente al Dio vivente, e così cerchiamo forme sostitutive di sicurezza nelle cose materiali, nel potere, nell’indifferenza, nella popolarità, nel piacere. Le Scritture ci ammoniscono dicendo che queste cose possono diventare forme di idolatria. Sappiamo che, a volte, per rimanere veramente una comunità di discepoli di Gesù, dovremmo dire di no a certi aspetti della nostra cultura, a certe tendenze e a certi modi di agire che si oppongono a una vita di fede, amore e giustizia. Cambiamenti profondi nel cuore devono
condurre a un desiderio di cambiare le nostre azioni’’ (CONFERENZA EPISCOPALE DEGLI STATI UNITI, Giustizia economica per tutti, Edizioni Lavoro, Roma 1987, pp. 10-11.).

Dalla “Populorum progressio” alla “Sollicitudo rei socialis”

Il primo riferimento al debito risale all’enciclica “Populorum progressio” del 1967, che contiene un passo che ha tutto il sapore della profezia, perché Paolo VI anticipa il problema del debito. Egli scrive infatti, che “solo il dialogo tra quelli che forniscono i mezzi e coloro cui sono destinati consentirà di commisurare gli apporti, non soltanto secondo la generosità degli uni, ma anche in funzione dei bisogni reali e delle possibilità di impiego degli altri. I paesi in via di sviluppo non correranno più in tal modo il rischio di vedersi sopraffatti di debiti, il cui soddisfacimento finisce coll’assorbire il meglio dei loro guadagni. Tassi d’interesse e durata dei prestiti
potranno essere distribuiti in maniera sopportabile per gli uni e per gli altri” (Populorum progressio. Enciclica di S.S. Paolo VI sullo sviluppo dei popoli, Figlie di San Paolo, Milano 1989, p. 25.).

Nel dicembre 1986, la commissione “Justitia et Pax”, pubblica un documento dal titolo “Al servizio della comunità umana, un approccio etico del debito internazionale”, che si può riassumere in alcuni punti:

  • “i creditori non possono esigere il pagamento con tutti i mezzi, soprattutto se il debitore si trova in una situazione di estrema necessità”.
  • (…) “Bisogna lasciare ad ogni paese una capacità sufficiente per finanziare la propria crescita e quindi favorire al tempo stesso l’ulteriore rimborso del debito”;
  • anche le banche commerciali dovranno partecipare agli sforzi per risolvere il problema del debito, con la revisione dei tassi d’interesse (verso il basso), rilanciando gli investimenti nei paesi in via di sviluppo, finanziando i progetti in funzione del loro impatto sulla crescita e lo sviluppo, preferendo ciò ai progetti la cui redditività è più immediata, perché bisogna oltrepassare i criteri della sola redditività e della sola
    sicurezza dei capitali prestati;
  • la Chiesa attira l’attenzione delle organizzazioni finanziarie multilaterali sulle condizioni poste dal FMI per i prestiti, e gli chiede di incoraggiare il finanziamento dei PVS;
  • bisogna prevedere delle contromisure per rimediare alle difficoltà finanziarie conseguenti a catastrofi naturali, a variazioni eccessive verso il basso dei prezzi delle materie prime (…), dei tassi di cambio. Questi fenomeni non controllati sconvolgono, per la loro rapidità, per la loro ampiezza e per le loro conseguenze finanziarie, i piani economici specialmente dei paesi in via di sviluppo e creano una insicurezza pericolosa e costosa;
  • bisogna inoltre vigilare sulla scelta e sulla formazione di tutti coloro che lavorano nelle organizzazioni multilaterali e partecipano alle analisi delle situazioni, alle decisioni e alla loro esecuzione. Esiste il pericolo di restare ad approcci e soluzioni troppo teoriche e tecniche, perfino burocratiche, mentre sono in gioco esistenze umane, lo sviluppo dei popoli, la solidarietà fra le nazioni.

Le istituzioni internazionali vengono invitate ad esplorare “i nuovi problemi di oggi e domani, per elaborare già delle soluzioni che tengano conto delle evoluzioni molto diversificate delle economie nazionali, e non pregiudichino le possibilità future di ogni paese, perché se l’uomo si lascia superare e non prevede in tempo l’emergere delle nuove questioni sociali, queste diventeranno troppo gravi perché se ne possa sperare una soluzione pacifica” (Paolo VI, Lettera Octogesima adveniens al cardinale Maurice Roy, 14 maggio 1971, n. 19).

La proposta finale è la creazione di un vasto piano di cooperazione e di assistenza dei paesi industrializzati rivolto ai paesi in via di sviluppo. Per il ventesimo anniversario della “Populorum progressio”, arriva un’ altra enciclica, la “Sollicitudo rei socialis”, che dedica un paragrafo alla questione del “debito internazionale”. “I PVS furono spinti ad accogliere l’offerta di abbondanti capitali “disponibili”, nella speranza di poterli investire in attività di sviluppo. Quindi la disponibilità dei capitali e il fatto di accettarli a titolo di prestito possono considerarsi un contributo allo sviluppo stesso. (…) Cambiate le circostanze, tanto nei Paesi indebitati quanto nel mercato internazionale finanziatore, lo strumento prescelto per dare un contributo allo sviluppo si è trasformato in un congegno controproducente. E ciò sia perché i paesi debitori, per soddisfare gli impegni del debito, si vedono obbligati a esportare i capitali che sarebbero necessari per accrescere o, addirittura, per mantenere il loro livello di vita, sia perché (…) non possono ottenere nuovi finanziamenti” (Sollicitudo rei socialis. Lettera enciclica di Giovanni Paolo, Figlie di San Paolo, Milano 1989).
Quali sono le cause? Il pontefice si sofferma su quelle politiche: “la contrapposizione tra Est ed Ovest nasconde (…) la tendenza all’imperialismo (…), o a forme di neocolonialismo. E’ questa situazione anormale (…) che mortifica lo slancio di cooperazione solidale di tutti per il bene comune del genere umano. (…) La presente divisione del mondo è di diretto ostacolo alla vera trasformazione delle condizioni di sottosviluppo nei paesi in via di sviluppo o in quelli meno avanzati”.

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