La Juventus nelle parole di chi l’ha resa grande (quarta puntata)

  • “Si scrive Juventus si pronuncia scudetto. ‘Vincere sempre, e con classe’ è l’imperativo categorico della Signora. Nata come ‘seleçao’ della borghesia torinese, via via è assurta a modello: una riserva dov’è vietato illudersi, dove giocare fa rima con lavorare, dove la vocazione ha il sigillo della professione. È un carattere di ferro la ‘fidanzata d’Italia’. Dentro lo stile, c’è lo stiletto”. (Giovanni Arpino)
  • “Lasciando da parte i luoghi comuni, devo confessare di sentirmi assai fiero di essermi nutrito per anni del vecchio ‘stile Juventus’, un mix di umiltà, spirito di sacrificio, dedizione, compostezza e correttezza di comportamento che permea tutto l’ambiente e che ti condiziona positivamente anche nella vita di tutti i giorni. E, giuro, non è poco: ve lo dice uno che, suo malgrado, con quella bellissima maglia ha fatto quasi da
    comparsa”. (Massimo Storgato)
  • (Su Ermes Muccinelli) “ Quando giocavamo in casa, la sua domenica sera era già stabilita: cascasse il mondo, andava al night di via Saluzzo dove, lui che era un tappo, ballava esclusivamente con ragazze altissime. C’era da divertirsi soltanto a guardarlo. Il conto lo faceva mandare sempre allo stesso indirizzo: ‘Giovanni Agnelli, corso Matteotti’. Il segretario dell’Avvocato quando si trovava tra le mani quelle note spesa chiedeva preoccupato: ‘Cosa dobbiamo fare?’ ‘Ah, è quel puttaniere di Muccinelli’ commentava l’Avvocato. E saldava” .
    (Gianpiero Boniperti)
  • (Risposta alla domanda: “Pavel qua tutti chiedono alla Juve di investire di comprare, tu cosa chiedi? ”) “ Io non chiedo niente alla Juve…io sono qua, la Juve potrà sempre contare su di me! ”. (Pavel Nedved)
  • “Le mie stagioni nella Juventus furono due e furono le stagioni più romanzesche della mia vita (…). Ho attraversato le peripezie e le vicissitudini più strane, così che, a ricordarmi di quei giorni, me ne sento quasi orgoglioso, perché erano giorni davvero difficili, erano tempi duri per il nostro Paese. Ricordo quella Juventus come una squadra particolare, allenata da Borel (che poi giocava pure) e con due portieri, il grande amico mio ‘Cochi’ Sentimenti ed il giovane Viola, il quale bussava spesso all’attenzione dei dirigenti con le sue spettacolose parate del mercoledì e si meritava il posto in squadra soppiantando il nazionale Cochi. Ma era una cosa speciale: perché Cochi lasciava la porta e si metteva all’ala destra e, come ala destra, come scriveva quell’indimenticabile giornalista sportivo che si chiamava Casalbore, giocava altrettanto bene. Un’ala dalla velocità impressionante e dal tiro al fulmicotone”.
    “Ci si allenava poco ed andavo soggetto a molti strappi. Io abitavo a Vercelli e, per venire a Torino ad allenarmi, ci mettevo non meno di cinque ore. I servizi ferroviari risentivano della lunghissima ed atroce guerra; ricordo che salivo in treno alle undici ed arrivavo nel tardo pomeriggio. Nelle stazioni si rimaneva fermi per ore. Arrivavano ordini e contrordini, spesso invece di continuare il percorso, si rifaceva la strada del ritorno. Una volta partii da Vercelli alle undici e tornai a Vercelli all’una ”.
    “Non ho molti e precisi ricordi di partite, perché non furono due stagioni di gloria calcistica per me. (…) Ma mi posso consolare: in fondo ho fatto parte anch’io della squadra di Rosetta, di Combi, di Monti, di Orsi, di Cevenini, la squadra dei dodici scudetti e di tutti gli italiani ”. (Silvio Piola)
  • “È stato un vantaggio, per noi ‘ex’ juventini, trovarsi a lavorare in un ambiente già conosciuto e, dunque, ci siamo ambientati con maggiore facilità. Ma è stato un vantaggio ancor più grande per la Juventus; il nostro sviscerato amore per i colori bianconeri, infatti, ci ha sempre spinto a dare alla Juventus, oltre al meglio di noi stessi, anche quel ‘di più’ che forse altri, estranei, non sarebbero stati in grado di dare”. (Romolo Bizzotto)
  • “Quando sei la Juve del secondo o terzo posto non te ne fai nulla”. (David Trezeguet)
  • “Ho sempre cercato di imparare dai più bravi, sia da calciatore che da dirigente ed ho sempre continuato a farlo. Sono stato onorato di far parte della famiglia bianconera, mi sono sempre identificato in questo ambiente, conoscendone i segreti; non mi sarei mai visto a lavorare altrove”. (Francesco Morini)

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