Il fascismo ritornerà ad avere un ruolo di primo piano nel CIO nel luglio del 1980, in occasione dell’elezione alla presidenza del CIO di Juan Antonio Samaranch, ha ricoperto questa carica fino al 2001, per essere poi eletto Presidente Onorario a vita fino al 2010 (in quell’anno è morto per un’insufficienza cardiaca). “Sua Eccellenza” – così vuole essere chiamato – il marchese (titolo conferito da re Juan Carlos nel 1992) de Samaranch aveva servito con fedeltà la dittatura spagnola per decenni, scalando ad uno ad uno i gradini del potere: dal consiglio comunale all’“elezione” nelle Cortes ed alla nomina alla guida dello sport. Nel 1973 venne nominato presidente della regione catalana. Anche in questo frangente servì bene il suo padrone, girando la testa dall’altra parte mentre nel crepuscolo del regime venivano regolati gli ultimi conti. Come accadde nel caso dell’ultima esecuzione di un prigioniero politico, un giovane catalano che si chiamava Salvador Puig Antich.
La garrota
Dopo un solo giorno di processo, venne riconosciuto colpevole dell’omicidio di un poliziotto e condannato a morte. Secondo i suoi difensori – che all’uscita del tribunale vennero molestati dai “Guerriglieri del Cristo-Re” – la corte aveva occultato le prove che lo avrebbero scagionato dalle accuse. Per questo il suo caso divenne oggetto di manifestazioni e appelli internazionali. Joan Mirò gli dedicò un trittico dal titolo Speranza di un condannato a morte, e anche Il Papa supplicò affinché gli venisse risparmiata la vita, ma fu tutto inutile.
Il 2 marzo 1974, Salvador Puig Antich venne giustiziato con il supplizio della garrota. Uno strumento di tortura che consisteva in un anello di ferro, stretto progressivamente al collo del condannato mediante una manovella fino ad arrivare allo strangolamento.
Franchista al cento per cento
Il 20 novembre 1975 moriva il generale Franco. Lasciava dietro di sé molti orfani. Come Samaranch, che fu tra i cofondatori di un partito neofascista che aveva come programma il mantenimento dello status quo. I deludenti risultati ottenuti alle elezioni probabilmente contribuirono a formare in lui la convinzione che “la mia vita pubblica in Spagna fosse finita”.
Gli restava il CIO, dov’era entrato nel 1966 – nonostante fosse implicato in uno scandalo finanziario per aver esportato illegalmente 400 milioni di dollari – per diventare poi capo del protocollo, quindi membro della commissione esecutiva ed infine vicepresidente. Ma a un uomo ambizioso questo non poteva bastare. Grazie al contributo dato all’organizzazione dei Giochi di Mosca ed all’appoggio del boss dell’Adidas, Horst Dassler,
venne eletto alla presidenza del CIO.
Nonostante tutte le smentite che tendevano a minimizzare il suo ruolo nel periodo franchista, il presidente Samaranch continuava ad essere l’uomo che si autodefiniva “al cento per cento franchista”, quello che concludeva la sua corrispondenza con la formula di rito “Siempre a tus ordenes, te saluda brazo en alto“ (“Sempre ai tuoi ordini, ti saluto col braccio alzato”). Come il Caudillo, usava termini come “sacra unità”, che nella Spagna di Franco indicava la rigorosa obbedienza al dittatore cui tutti erano costretti, tendeva a promuovere le persone per la loro manovrabilità più che per la loro competenza, e mirava a costruire un culto della personalità che si potesse perpetuare attraverso un grandioso monumento a se stesso: il museo olimpico, che nel 2001 è stato ribattezzato museo Samaranch.
I “Premi Nobel” del CIO
Quali fossero le idee dell’uomo che in un’intervista del 1973 diceva di essere “leale a tutto quello che Franco rappresenta” si potevano capire attraverso le scelte fatte nel conferire l’ordine olimpico (la versione CIO del Nobel). Tra i personaggi insigniti del premio c’erano Jean-Pascal Delamuraz (che aveva bollato come
estorsione le richieste di risarcimento fatte dagli eredi delle vittime dell’Olocausto alle banche svizzere), l’ex despota della Germania Est Erich Honecker, l’ex tiranno rumeno Nicolae Ceaucescu, l’ex dittatore bulgaro Tudor Zhikov, l’ex presidente coreano Roh Tae Woo – in seguito condannato a 22 anni di prigione per
un massacro dell’esercito e per corruzione -, o Manfred Ewald, l’uomo che ideò il sistema di doping di stato della Germania Est.