Partigiane, Laura Wronowska Fabbri

Giacomo Matteotti era mio zio 

mio padre era redattore del Corriere

fu uno dei 3-4 giornalisti che diedero le dimissioni 

insieme al direttore 

precipitammo nel disastro economico

la mia famiglia si trasferì a Finale Ligure

poi a Lavagna e a Chiavari

perché erano piccoli paesi di pescatori poverissimi

e la vita costava pochissimo 

avevamo due poliziotti al portone

dovevamo comunicare ogni nostro spostamento 

e spesso ci perquisivano la casa

fuori dalla scuola

nessuno ci salutava più.

Avevo 19 anni 

quando sono salita in montagna

il 9 settembre 1943

in quelle vallate c’erano già delle numerosissime brigate garibaldine

non avevamo armi

non avevamo sapone per lavarci

abbiamo avuto per mesi

piaghe sanguinanti ai piedi.

Ho goduto del massimo rispetto

ho parlato con il comandante Furia

e gli ho detto

“Ho nel cuore 

un grande amore 

fai sapere ai tuoi uomini 

che non mi interesso a nessuno”.

Ho fatto la stessa fame dei miei compagni

– le razioni di farina di castagne come unico cibo – 

e gli stessi turni di guardia.

Il 25 aprile

quando ci fu da sfilare vittoriosi 

mi misero lì a distribuire i fazzoletti della formazione. 

Era finita la guerra

eravamo tornate donne.

Io però avevo la morte nel cuore

Sergio non c’era più

gli avevano sparato alla schiena

in piazzale Lavater

per colpa di una spia.

Lo piansi per tre anni.

Questa poesia fa parte di una raccolta che ho scritto qualche anno fa per raccontare le storie di tanti partigiani. La formula scelta per rappresentarli è quella del verso libero sul modello dello Spoon River. Il libro lo trovate in vendita qui.

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